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Origini e cause dell'attuale crisi economica mondiale

Nei mesi che precedettero la crisi, le banche centrali avevano aumentato i tassi di interesse per calmierare la crescita della produzione, i prezzi degli immobili e il ritorno dell’inflazione. Ma nell’agosto del 2007 è improvvisamente maturata la consapevolezza che l’aumento dei tassi stava creando seri problemi a un notevole numero di famiglie non più in grado di far fronte al rimborso dei debiti con un reddito stazionario o in calo. Proprio in quel mese 244.000 americani che non sono stati in grado di pagare tre rate consecutive del proprio mutuo hanno visto la propria abitazione andare all’asta o diventare di proprietà della banca che gli aveva dato credito; si tratta di un numero più che doppio rispetto all’anno precedente ed in forte crescita rispetto anche al mese di luglio. Molti di quelli che sono rimasti solventi hanno scoperto che il valore della loro abitazione stava
andando sotto il valore dei mutui contratti. Il panorama del mercato immobiliare è diventato ancora più nero; la prospettiva della vendita sul mercato delle case dei debitori insolventi ha depresso ancor più i prezzi delle abitazioni ormai già in flessione e ha scoraggiato l’avvio di nuovi cantieri: un colpo pesante considerando che, secondo molti, l’edilizia, e non le nuove tecnologie, era stata la causa della brillantezza dell’economia statunitense. Molti intermediari finanziari che non erano riusciti a recuperare i finanziamenti si sono rivalsi sui risparmiatori che hanno avuto azzerato il loro investimento. Inoltre, la caduta dei titoli non è rimasta confinata al settore subprime ma con fortissima velocità ha coinvolto altri mercati. La necessità di aumentare la liquidità ha infatti indotto a vendere le azioni, i cui prezzi apparivano ormai troppo elevati rispetto ai timori di rallentamento economico. E’ insieme iniziata la fuga da tutti quei titoli che sembravano meno
affidabili. La crisi si è quindi diffusa velocemente ed in modo dirompente in tutti i settori finanziari e in tutto il mondo. Per crisi dei mutui subprime intendiamo quindi una delle peggiori bufere finanziarie degli ultimi anni che nasce da forti dissesti sui crediti concessi alla clientela non primaria (subprime) perché meno solvibile. La particolarità di questa crisi deriva dal non essere scatenata da fattori macroeconomici, come una recessione o uno squilibrio della bilancia dei pagamenti, ma da un grosso dissesto sui mercati finanziari; tale crisi finanziaria tende, invece, ad avere riflessi macroeconomici con un rischio di rallentamento dello sviluppo, più forte negli Stati Uniti ma rilevante anche nelle altre aree. Inoltre, benché l’innesco iniziale sia stato complessivamente modesto, il contesto dei mercati finanziari ha moltiplicato enormemente la deflagrazione. Non a caso il governatore della Federal Reserve Bernanke ha dichiarato che le autorità monetarie sono rimaste sorprese della violenza della propagazione. Il problema è che in questo modo si evidenzia una forte sottovalutazione dei rischi da parte delle Banche centrali, non solo di quella americana. La conseguenza più grave della crisi è la perdita di fiducia sulla trasparenza ed affidabilità del sistema dei mercati
finanziari. I tassi d’interesse bassi e costanti degli ultimi anni hanno incentivato le famiglie e i detentori di ricchezza ad investire nel settore immobiliare con una forte crescita dei prezzi delle case. Questa dinamica in atto in molti paesi da diversi anni ha, a più riprese, preoccupato le banche centrali; in particolare la Banca Centrale d’Inghilterra e la Fed. Negli Stati Uniti la situazione favorevole e la forte domanda hanno indotto gli operatori finanziari a concedere mutui crescenti per l’acquisto di immobili e ad allargare il credito sotto forme diverse anche a famiglie e soggetti poco affidabili in termini finanziari. I tassi d’interesse praticati erano più elevati rispetto alla clientela ordinaria ma i requisiti di reddito per accedere erano del tutto insufficienti. Gli stessi intermediari, d’altronde, per proteggersi dal rischio che i mutui subprime comportavano, li rivendevano immediatamente sotto forma di titoli (cartolarizzazione), resi molto appetibili per i risparmiatori da tassi di interesse particolarmente elevati. In questo modo i mutui a rischio, una volta rimborsati, avrebbero prodotto un guadagno
sia per l’intermediario finanziario (la banca), che si era liberato dei rischi,
che per il risparmiatore. Il problema è che questo meccanismo sostanzialmente deresponsabilizzava la banca che concedeva il mutuo dal rischio di insolvenza, mentre incentivava la tendenza a trovare sempre nuovi clienti dei mutui, andando sempre meno per il sottile. Il risparmiatore, che acquistava il titolo, non aveva certo il polso della situazione; spesso per l’opacità dei titoli trattati; frequentemente non era neppure al corrente di avere a che fare con un’operazione di finanziamento dei mutui. Infatti era invalso l’uso di impacchettare i titoli assieme ad altri più innocui, facendo quelli che sono stati chiamati “salsicciotti” di titoli. I finanziamenti subprime davano luogo a catene di titoli che venivano rivenduti e rimpacchettati con altri titoli di natura completamente diversa. Il fatto è che come ha recentemente affermato l’ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale Rodrigo Rato, le banche Usa hanno collocato sui mercati con strumenti complessi e poco trasparenti una cifra enorme che si avvicina a 1300 miliardi di prestiti. Lo stesso risparmiatore, desideroso di elevati guadagni era fuorviato da una valutazione molto generosa sull’affidabilità dei titoli da parte di agenzie di rating che, in palese conflitto di interesse, avevano assistito le banche cartolarizzanti nel costruire i pacchetti dei titoli. Il sistema con tanti salsicciotti avvelenati”, aveva un problema di inquinamento senza controlli efficaci.
L’affidamento alle agenzie di rating (Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch) per il giudizio di solidità era mal riposto; sono abbondate le triple A, ad indicare un’ottima affidabilità dei titoli, per prodotti che ex post hanno dimostrato a dir poco di non meritarlo. La reputazione delle agenzie di rating è probabilmente la vittima maggiore della crisi; oggi vi è un problema di misura dell’affidabilità. Perché titoli del debito pubblico italiano o anche di tante imprese erano valutati molto meno di pacchetti di titoli con dentro obbligazioni spazzatura? Naturalmente questo pone un problema di come le scelte di acquisto dei risparmiatori vengono guidate nel sistema; più di qualcuno ha sollevato in Europa il tema di come avere la casa madre negli Usa sembra abbia portato le agenzie di rating a scelte benevolmente americanocentriche. Ma in questa fase il problema è più vasto: i risparmiatori non si fidano più dei loro riferimenti precedenti, ma non sanno nemmeno a chi guardare. E’ cresciuta l’incertezza dei mercati e questo ha conseguenze perché accresce le
oscillazioni e fa aumentare il premio al rischio, cioè il supplemento di tasso
di interesse destinato a compensare i maggiori timori. In definitiva il sistema
dei mutui subprime aveva aumentato la distanza fra sottoscrittori e soggetti di fatto finanzianti. Nel caso in cui i debitori per qualche ragione non fossero stati più in grado di pagare le rate dei mutui, le perdite si sarebbero scaricate non sulla banca erogatrice del mutuo né su quella che aveva cartolarizzato i titoli, ma sui, tanti e sconosciuti, detentori finali dei titoli.

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